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Dichiarazione dell'Incontro Internazionale per Città Egualitarie

Un impegno comune 

Organizzazioni, movimenti e reti di cittadini, accademici e governi locali impegnati a favore della giustizia sociale territoriale si sono riuniti a Buenos Aires, contemporaneamente alla riunione convocata ufficialmente dalla URBAN 20, per discutere una posizione alternativa alle gestioni urbane neoliberali e per uno scambio di idee ed esperienze circa il tipo di città a cui aspiriamo in questo contesto internazionale di crisi economica, sociale, ambientale e politica. 

Ci avvaliamo di contributi essenziali come la Dichiarazione municipalista per il Diritto alla Casa e il Diritto alla Città, e di tutti gli strumenti internazionali che promuovono la garanzia del diritto alla casa e ad un habitat degno in quanto diritti umani fondamentali. Consideriamo il Diritto alla Città come diritto di ogni abitante, presente e futuro, permanente e temporaneo, ad abitare, usare, occupare, produrre, trasformare, amministrare e godere di città, paesi e insediamenti umani che siano giusti, egualitari, sicuri, sostenibili e democratici, definiti come beni comuni per vivere con dignità, un diritto che deve appartenere a ciascuno membro della comunità.

La difesa del Diritto alla Città riafferma, attualizza e protegge i diritti umani e i corrispettivi doveri statali: l'accordo dell'Agenda 2030 di "non lasciare indietro nessuno" e quello di "non lasciare indietro nessun luogo" della Dichiarazione del nono Forum Urbano Mondiale. Le città possono essere luoghi per tutte e tutti.

Siamo noi che facciamo le città

Noi lavoratori che costruiamo e diamo vita alle città, costretti alla precarietà e a viaggi eterni da casa a lavoro in condizioni indegne. Noi disoccupati che tentiamo di provvedere ai bisogni primari delle nostre famiglie ricorrendo a mercati immobiliari, commercio e lavori informali. Noi senzatetto e sfrattate da un mercato immobiliare che estrae il plusvalore dai territori sfrattando e criminalizzando chi non può pagare. Noi poveri che possiamo sistemarci soltanto nei luoghi più degradati, senza sicurezza della locazione, vulnerabili di fronte ai disastri, senza alcuna risposta ai nostri diritti all'abitazione. Noi migranti e rifugiati di diverse culture, cacciati da altri luoghi, perseguitati e oppressi dai governi. Noi persone disabili o anziane, vittime di trappole urbane che ci impediscono di utilizzare gli spazi accessibili agli altri. Noi donne, che subiamo la sottovalutazione dei compiti di cura della casa o della famiglia, la mancanza di mobilità urbana e infrastrutture adeguate, e di politiche che affrontino le cause delle tante violenze alle quali siamo sottoposte. Siamo le diversità sessuali perseguitate, criminalizzate o stigmatizzate, che non possiamo accedere a opportunità reali di vita urbana. Noi bambine, che viviamo una città di spazi chiusi e in ambienti sempre meno salutari. Noi giovani, criminalizzati per il nostro modo di vivere la città- Noi artiste di strada, che non riceviamo l'appoggio necessario e siamo costrette a utilizzare gli spazi pubblici per divulgare il nostro lavoro, che arricchisce la cultura urbana. Siamo tutte e tutti quelli che in qualche modo subiscono i processi di esclusione, violenza e ingiustizia nelle città.

Siamo qui, insieme, esistiamo e resistiamo, siamo diverse, con mare di necessità in comune. Vogliamo far parte della discussione sull'Agenda delle Città, contribuire con le nostre pratiche quotidiane e la nostra resistenza al modello di città neoliberale. 

Vogliamo poter decidere sulle questioni più importanti della vita urbana. 

Le città in discussione 

Le città sono, prima di tutto, il luogo dove abitano milione di persone, che cercano di vivere in condizioni di dignità e uguaglianza. Tuttavia, predominano i governi locali, che gestiscono le città come opportunità di investimento e speculazione, semplici motori di uno sviluppo economico illimitato. Il modello di gestione elitaria, così come il modello mercantilista, guarda alle città dal punto di vista degli esperti e in funzione dei grandi sviluppatori urbani, privatizzatori dei beni comuni e sfruttatori del terreno, dimenticando coloro che fanno realmente le città e trascurando la produzione sociale dell'habitat.

Questo modello misura il successo delle città in funzione di indicatori come la costruzione di metri quadri e l'aumento della valutazione degli immobili, considerando la quantità piuttosto che la qualità. Mentre la Nuova Agenda Urbana stabilisce che lo sviluppo urbano è illimitato ed è alimentato dalle città, questi indicatori mettono in evidenza l'insostenibilità del modello neoliberale. 

La concentrazione territoriale aumenta sempre di più. L'utilizzo di beni comuni per la speculazione immobiliare non si arresta. I (pochi) spazi verdi e pubblici esistenti sono completamente sacrificabili e sono considerati un "vuoto" da riempire con negozi, promuovendo l'avanzare della privatizzazione del pubblico. I quartieri perdono la loro identità e gli abitanti non possono decidere in merito alle politiche di progettazione urbana. L'abitazione è stata mercificata fino all'esasperazione, trasformando gli immobili in commodities , semplice merce per la speculazione, e i cittadini in clienti. Si impermeabilizzano i terreni, si costruisce e urbanizza irrazionalmente e si avanza su superfici assorbenti in aree urbane e suburbane che non sono pianificate per l'interesse generale bensì da agenzie immobiliari, con permessi da parte degli Stati che spesso violano le leggi. Questi processi speculativi sono la manifestazione urbana dell'accumulazione per spodestamento. L'altra faccia di questo fenomeno è l'emergenza abitativa, in particolare gli sfratti, che colpisce le classi più vulnerabili.

In questo contesto, il modello di gestione democratica del territorio è l'unico compatibile con questa prospettiva, per garantire i diritti delle diverse identità che abitano la città. Pensiamo che questa debba essere la cornice in cui le politiche pubbliche possano contribuire e sostenere gli Stati democratici del diritto, ossia quelli che si assumono impegni con i diritti della collettività sociale nella sua varietà, applicando allo stesso tempo strumenti e azioni affermative in favore dei settori i cui diritti sono a rischio.

Ecco la nostra grande sfida: rendere le città un bene comune, con le resistenze e la creatività, per applicare, all'interno di alleanze, nuove forme per garantire i diritti umani e la democrazia partecipativa, rispettandone la diversità, garantendo e contribuendo alla ridistribuzione economica, al riconoscimento culturale e alla capacità di azione politica da parte di tutte e tutti.

Città Egualitarie

Azione per l'ambiente  

Le cause dell'emergenza socio-ambientale che colpisce il pianeta sono di natura complessa e pluridimensionale. Oltre al cambiamento climatico, un fenomeno globale che aggrava e moltiplica gli eventi climatici estremi, esistono cause locali vincolate all'espansione di un modello (sbagliato) di sviluppo, incompatibile con i cicli della Natura. Incendi, inondazioni, siccità, uragani e altri eventi estremi fanno parte di un fenomeno esteso in tutto il pianeta, che le politiche di governo aggravano mediante misure a favore dell'industria agricola, la mega-industria estrattiva, la fratturazione idraulica (fracking), l'espansione dell'attività petrolifera, le grandi imprese idroelettriche e le mega-imprese immobiliari, tra le altre cose.

Per questo non possiamo permettere che il cambiamento climatico sia usato come scusa. Il carattere globale del problema non sminuisce né attenua la responsabilità del governo e dei politici, anzi, l'accentua e la mette in evidenza, dal momento che è loro compito prendere decisioni riguardo le politiche pubbliche territoriali e gestire programmi di controllo e prevenzione di fronte agli effetti che queste politiche hanno generato. La forza del modello di espropriazione ci obbliga a stabilire ponti tra le vittime nei campi e nelle città, tra chi resiste all'industria mineraria in luoghi appartati, chi si oppone al glifosato e all'industria agricola, e chi di noi vive in città sempre più costose, inquinate, ingabbiate e repressive.  È un'unica lotta, ma i legami tra chi vive nei campi e chi nelle città non ci vengono concessi, dobbiamo costruirli.

(1)  Per la maggior parte delle città del Sud del mondo, i processi di adattamento al cambiamento climatico acquisiscono una rilevanza fondamentale, perché da essi dipende la sopravvivenza di milioni di persone. Nonostante le città siano considerate grandi centri di produzione di ricchezza e innovazione, ci preoccupa che si sottovaluti la relazione della città con il territorio, e in particolar modo con le periferie rurali e le fonti di ricchezza naturale più distanti. Sebbene le città producano l'80% del PIL, sono le potenze economiche che, attraverso i servizi amministrativi, legali e finanziari se ne appropriano, degradando l'ambiente, distruggendo le attività agricole familiari e le economie regionali, privando contadini e indigeni dei loro terreni, sfruttando in maniera impropria e irresponsabile Madre Natura, attraverso l'espansione spregiudicata del settore urbano, il fracking, la mega-industria estrattiva, il disboscamento e le monocolture. Una ricchezza che impoverisce l'ambiente e compromette la nostra sopravvivenza nel futuro.

(2)  In un contesto di grandi consensi globali circa il bisogno di azioni contro il cambiamento climatico, le città sono oggetto di investimenti in grandi opere infrastrutturali che aggravano l'indebitamento, non offrono soluzioni alle sfide ambientali più urgenti e sono spesso causa di sfratti di massa non necessari. Di fronte a un modello di governo globale, riaffermiamo una prospettiva di giustizia ambientale per uno sviluppo dei nostri territori che sia realmente sostenibile.

(3)  Sosteniamo la promozione di un trasporto urbano sostenibile e la necessità di eliminare i sussidi ai combustibili fossili. Tuttavia, queste iniziative devono essere affiancate da misure fiscali per disincentivare l'acquisto e l'uso di automobili private, nell'ambito di una pianificazione sostenibile della mobilità, basata sul trasporto pubblico di massa e su alternative non motorizzate. 

(4)  Non solo le città, bensì anche gli abitanti delle città e delle campagne devono essere al centro dei progetti per lo sviluppo, che devono promuovere la sostenibilità, con vincoli tra città e territorio rurale che vadano a vantaggio delle persone povere di entrambe le aree, che garantiscano la sovranità alimentare e proteggano la biodiversità, gli habitat naturali e gli ecosistemi circostanti. I progetti e le politiche devono essere applicati a partire da un modello di gestione democratica, che coinvolga le comunità nei processi di pianificazione, attuazione e valutazione.

(5)  La creazione delle informazioni e il loro controllo sono alla base dei processi decisionali. L'indagine deve convocare la società civile e la comunità accademica, per garantire uno sviluppo adeguato delle politiche pubbliche. 

(6)  I rischi inerenti al cambiamento climatico sono dovuti alla concomitanza tra minacce, per la cui riduzione sono necessarie azioni mirate a livello globale, e vulnerabilità sociale davanti a tali minacce. Le città che aspirino a migliorare la propria resilienza urbana devono, innanzitutto, promuovere norme territoriali che contribuiscano a ridurre tali vulnerabilità, che colpiscono principalmente le classi più povere residenti nei luoghi più precari.

L'impiego dignitoso del futuro

Siamo consapevoli dei progressi tecnologici che hanno portato allo sviluppo di nuove attività nella cosiddetta economia collaborativa.  Siamo consapevoli anche del ruolo delle piattaforme digitali nella generazione di entrate in un contesto di alta disoccupazione e mancanza di opportunità di lavoro genuino. Tuttavia, ci preoccupano le privatizzazioni dei servizi pubblici e i nuovi modelli economici con piattaforme che rendono il lavoro precario, non rispettano le norme di sicurezza sociale ed evadono le tasse, danneggiando alla base lo Stato sociale.

(1)  Il dibattito sul futuro del lavoro non deve riguardare soltanto scenari prestabiliti sulla base di pronostici sulla digitalizzazione e automatizzazione, bensì deve includere una discussione ampia circa il modello produttivo e il ruolo dell'educazione e della formazione professionale in scenari diversi.

(2)  Affinché i benefici dell'economia siano distribuiti democraticamente, è fondamentale un serio lavoro di riduzione del divario digitale e un impegno a raggiungere progressivamente la sovranità tecnologica. 

(3)  Sosteniamo le lotte dei lavoratori, delle lavoratrici e dei sindacati, e il rinvigorimento dell'economia popolare. Gli impegni delle autorità locali sul futuro del lavoro devono metterli al centro per garantire posti di lavoro di qualità e impieghi dignitosi nei servizi pubblici e nei settori privati.   

(4)  Promuoviamo i processi di autogestione e l'inclusione di cooperative e PMI nelle assunzioni per i servizi pubblici, come forma di promozione del lavoro dignitoso. 

(5)  Lo sviluppo dei modelli di commercio legati alle piattaforme digitali non può scindersi dalla pianificazione delle città e dal loro inserimento nell'ambito di gestioni democratiche. Riscattiamo le esperienze di governo come quella di Barcellona che, insieme a Parigi, New York, Londra e Madrid realizzano accordi per imporre standard minimi di rispetto dei diritti sociali e contributi fiscali, regolando le grandi imprese delle piattaforme per limitare la loro attività nei propri territori. 

(6)  L'economia digitale, in un contesto di inasprimento dei processi di finanziarizzazione e mercificazione della vita, si trasforma in un nuovo meccanismo di precarizzazione lavorativa soprattutto per quelle persone che in questo contesto subiscono gli effetti dell'aumento della disoccupazione. Il futuro del lavoro richiede il potenziamento di economie reali, e l'utilizzo del digitale come mezzo e non come fine. È necessario applicare politiche che garantiscano la sicurezza sociale e l'integrità dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici di ogni tipo e settore delle "vecchie e nuove" economie. 

(7)  Concordiamo nell'importanza di promuovere città più compatte e connesse, al fine di massimizzare l'accesso al lavoro e le relazioni tra le imprese, che devono garantire ai lavoratori percorsi accessibili, per costo e distanza, tra il posto di lavoro, le abitazioni e le attrezzature urbane necessarie per vivere. Ciò non deve significare una pianificazione urbana basata esclusivamente sulla produzione economica, bensì deve essere complementare a un modello di città disegnato per la riproduzione della vita in tutti i suoi ambiti. 

(8)  Riteniamo fondamentale sviluppare economie diverse e inclusive, che salvaguardino e garantiscano l'accesso a mezzi di sussistenza sicuri e a un lavoro decente per tutte e tutti gli abitanti, promuovendo progressivamente condizioni di lavoro dignitose per i lavoratori dell'economia popolare e per tutti coloro impiegati in lavori informali.  

Politiche per l'integrazione sociale e l'uguaglianza

L'uguaglianza in ogni sua forma (sociale, politica, di genere, ecc.) è uno dei concetti che sta scomparendo dalle agende e dagli obiettivi delle politiche pubbliche. Al suo posto appare l'inclusione come obiettivo predominante, lasciando spazio a una nuova visione delle politiche urbane. Il punto centrale, dal nostro punto di vista, deve continuare ad essere il superamento delle disuguaglianze come meta prioritaria dell'azione pubblica. Non deve approfondirsi la visione "imprenditoriale" dello Stato, che si presenta di fronte alla cittadinanza come facilitatore della carriera individuale, che libera ogni cittadino affinché sia incluso in una città naturalizzata come disuguale. Bensì di governi che conducano politiche integrali e processi collettivi che equiparino dal punto di vista sociale, politico ed economico l'insieme dei cittadini, che demercifichino i diritti e producano spazi e servizi pubblici di qualità, che migliorino le interazioni sociali e la partecipazione politica, promuovano le espressioni socioculturali, abbraccino la diversità e incoraggino la coesione sociale.

Tra i settori più vulnerabili, le donne sono la popolazione che si trova in condizioni peggiori di povertà, e oltre a subire maggiormente gli ostacoli urbani portano il peso dei ruoli di cura della casa e della famiglia a loro storicamente assegnati. Sebbene la responsabilità del lavoro domestico continui a gravare sulla maggioranza delle donne, si tratta di compiti sottovalutati, non riconosciuti ma che rappresentano un enorme contributo allo sviluppo. Data la persistenza della divisione sessuale del lavoro e la duplice o triplice responsabilità che esse si assumono, le donne necessitano dell'attenzione dei governi e di una pianificazione urbana sensibile al loro genere: di servizi e attrezzature vicine, di mobilità e trasporti sicuri e accessibili che permettano loro di muoversi anche in territori inospitali.

(1)  Sosteniamo ogni politica che sia orientata alla creazione di città egualitarie, con accesso universale all'educazione e alla sanità; promuovendo processi di rafforzamento, miglioramento della qualità e ampliamento della copertura delle istituzioni pubbliche di educazione a tutti i livelli e di salute in tutti i campi specialistici. Gli enti governativi regionali devono propendere per la crescita delle proprie strutture in ogni ambito, aumentare progressivamente i fondi destinati a tali settori e concentrarsi principalmente sulle zone più vulnerabili per generare processi di uguaglianza urbana.

(2)  Le infrastrutture progettate non devono essere pensate per soddisfare standard di modernizzazione o modelli di città regolate e/o condizionate da organismi finanziari internazionali, col presupposto di attirare nuove fonti di finanziamento regionale. L'uso dei finanziamenti pubblici esistenti deve essere pianificato in modo partecipativo e conforme ai bisogni reali dei cittadini. Il superamento della povertà urbana, il deficit abitativo e l'accesso universale ai servizi pubblici basilari, devono essere i principali criteri nella definizione di politiche e strategie. 

(3)  Urge includere nella pianificazione urbana la prospettiva del femminismo e, in particolare, delle necessità concrete che si allontanano dai ruoli di cura della casa e della famiglia. Città che si modellano attorno ai percorsi reali di mobilità delle persone (e non solo a quelli collegati al lavoro) hanno un effetto positivo nel superamento delle discriminazioni e delle barriere urbane esistenti. L'uguaglianza di genere e il rispetto delle diversità sessuali devono essere assi trasversali di ogni politica e non solamente fini proiettati in programmi pubblici specifici.  Deve essere garantita l'uguaglianza di genere, adottando tutte le misure necessarie per assicurare la parità di diritti e opportunità per donne e uomini, oltre al rispetto per la diversità sessuale e la lotta alla discriminazione e alla violenza in ogni sua forma.

(4)  La giustizia spaziale è un concetto fondamentale per pensare la pianificazione urbana. Non è un caso che la popolazione in condizioni di povertà sia quella che risiede nelle zone meno sicure, più inquinate e in cui si soffrano maggiormente le conseguenze dei cambiamenti climatici. È necessario disegnare e applicare strategie di produzione e concessione di suolo e abitazioni pubbliche in territori sicuri, centrali e lontani dalle zone inquinate delle città, per garantire l'accesso al diritto alla casa e alla città alle popolazioni più vulnerabili.   

(5)  Finché esistano zone della città inaccessibili economicamente e zone totalmente precarizzate e senza accesso ai servizi urbani elementari (servizi pubblici domiciliari, ospedali, trasporto pubblico, scuole di qualità), è impossibile raggiungere l'obiettivo dell'integrazione urbana. È fondamentale regolare i prezzi dei terreni e gli affitti, allontanandosi totalmente dalla logica delle classi economiche che ancora determina la definizione del costo della vita di ogni quartiere. Politiche che garantiscano a tutta la popolazione l'accesso alla casa sono sostanziali per dar vita a una vera integrazione e uguaglianza nelle città. Nessuno sviluppo è reale finché ci sono intere famiglie che vivono per strada. Serve un approccio globale e di diritti umani, in cui si prevengano gli sfratti, si gestiscano la terra e la casa con fini prettamente sociali e spariscano progressivamente gli immobili disabitati.  È opportuno dare priorità agli investimenti per lo sviluppo di politiche abitative pubbliche e l'ampliamento di programmi di supporto alle cooperative, al mutualismo e all'autogestione; allo stesso modo è necessario creare processi di regolazione degli affitti e in generale del mercato immobiliare, aumentare le tasse sulle case disabitate.

(6)  I governi locali devono creare strutture e strumenti idonei per l'eliminazione della violenza, in particolar modo quella contro le donne. A questo scopo è di primaria importanza l'accesso a una giustizia che sappia gestire le denunce di violenza senza stigmatizzare le vittime. Inoltre, è necessario promuovere programmi pubblici di controllo dei contenuti mediatici che riproducano violenze o discriminazioni storiche e incentivare lo sviluppo di osservatori specializzati che permettano di approfondire e creare nuove consapevolezze rispetto alle violenze urbane,  Le amministrazioni locali devono essere i primi ad eliminare al proprio interno la violenza come meccanismo di relazione con la cittadinanza; e per farlo è fondamentale realizzare strategie che portino all'eliminazione dell'azione politica repressiva e alla riduzione della militarizzazione dei quartieri.  

(7)  Sosteniamo l'incoraggiamento della partecipazione dei cittadini, come condizione indispensabile per realizzare il Diritto alla Città. Sono necessari presupposti e pianificazione partecipativi, sedute pubbliche obbligatorie per la definizione di grandi decisioni riguardanti le infrastrutture e la gestione dei servizi urbani, strumenti efficaci di revisione cittadina dei ricorsi e del debito pubblico della città; stock di terreno e beni pubblici di cui i cittadini siano pienamente al corrente e rafforzamento della decentralizzazione amministrativa dei governi locali, sono alcune delle misure necessarie per garantire la partecipazione della popolazione e quindi la democratizzazione delle nostre città. E, nel quadro dei prossimi Urban 20, lanciamo un appello affinché i governi locali appoggino la partecipazione delle organizzazioni sociali tanto nelle istanze preliminari di deliberazione, quanto nell’evento stesso.


Il(la) Traduttore(trice) Volontario(a) per il diritto alla casa senza frontiere dell’IAI che ha collaborato con la traduzione di questo testo è

Chiara Petrucci