Soci : arrestati cittadini in lotta contro gli sfratti coatti
A Soci, sede delle Olimpiadi 2014, la situazione è sempre più tesa. Da un lato, l’autorità federale russa, interessata ad utilizzare questo evento internazionale per ridar lustro al Paese, ma anche per risistemare in modo drastico la città balneare e i suoi dintorni. Dall’altro, gli abitanti del posto che manifestano e protestano sempre più spesso contro la costruzione di edifici che rovinano l’ambiente storico ed ecologico.
Gente che, soprattutto, convive quotidianamente con il timore di essere sfrattata per “esigenze di Stato”. I primi ad essere colpiti da questo fenomeno sono gli abitanti di Imeretinski, quartiere periferico di Soci, in cui saranno costruite la maggior parte delle infrastrutture destinate alle Olimpiadi.
A presente, questo quartiere è tradizionalmente sede di una importante comunità di ortodossi “vecchi credenti”, fedeli ed orgogliosi delle proprie tradizioni. Con il sostegno delle associazioni ecologiste, di alcuni giuristi e degli abitanti di altri quartieri, sono già state organizzate diverse manifestazioni, parecchie delle quali si sono concluse in commissariato. Lo scandalo più noto è il fallito incontro previsto in occasione dell’arrivo del Comitato Olimpico lo scorso 23 aprile. Le forze dell’ordine si erano allora precipitate per allontanare i manifestanti prima dell’arrivo della delegazione olimpica. Ci sono stati più di una decina di feriti ma il caso è stato tenuto nascosto. Il Comitato Olimpico ha fatto finta di niente, nonostante le numerose lettere aperte di denuncia contro le violazioni del diritto all’alloggio, a un ambiente sano e più semplicemente al diritto democratico di riunione.
Ma gli abitanti di Soci non disperano e si battono per rimanere nei loro appartamenti, per non vedere la propria regione devastata dalla follia immobiliare. Gli abitanti di Imeretinski si battono per rimanere nelle loro case, nella terra degli antenati. Chiedono almeno delle discussioni pubbliche e democratiche, la trasparenza delle norme di requisizione dei terreni, negoziati con le associazioni di inquilini e risarcimenti all’altezza delle perdite subite. Ma non ottengono niente di tutto questo, ad eccezione di qualche dichiarazione astratta e demagogica di alcuni responsabili politici regionali che assicurano che nel 2007 “non ci saranno sfratti”...
Le “discussioni pubbliche”, se ce ne sono, si svolgono in gran segreto e i cittadini sono pregati di andare a cercare altrove. Gli indennizzi proposti come risarcimento per palazzi o case da demolire sono forfettari e non corrispondono ai veri prezzi del mercato immobiliare, in aumento galoppante dall’annuncio delle Olimpiadi. I piani di ristrutturazione e costruzione non vengono resi pubblici né, a maggior ragione, discussi. Le requisizioni dei terreni per esigenze di Stato sono rese più semplici grazie ad un recente emendamento del codice immobiliare che impedisce ogni forma di ricorso ai cittadini vittime di esproprio.
Le associazioni di cittadini denunciano in primo luogo la corruzione dei funzionari locali e regionali, ansiosi di impossessarsi della manna finanziaria arrivata da Mosca per sovvenzionare i lavori di “sistemazione”, e che inoltre usano il loro potere arbitrariamente per approfittare delle ricadute finanziarie del boom immobiliare e speculativo della regione.
Di fronte a questa potente macchina politico-immobiliare, i cittadini ed alcune associazioni ecologiste sono piuttosto isolati. La lobby olimpica annienta ogni minimo tentativo di ribellione, i mezzi di comunicazione lodano il progetto olimpico e i tribunali si rivelano piuttosto parziali nel prendere le decisioni. Finora, le autorità avevano almeno rispettato certe formalità, ma sembra che abbiano deciso di accelerare e neutralizzare i militanti più attivi.
Così, all’indomani dello scontro del 22 luglio tra i cittadini e alcuni impiegati dell’Ufficio del Catasto venuti a fare rilevamenti su un terreno di proprietà privata a Imeretinski, tre militanti contro gli sfratti sono stati arrestati e condannati, per ora, a 12 giorni di reclusione.
Quel giorno, geologi accompagnati da ufficiali giudiziari, si sono presentati, senza avvertire, nei pressi dell’abitazione della moglie del leader del movimento locale contro gli sfratti, Dmitri Drofichev, iniziando a circondare il perimetro della proprietà. Immediatamente sono sopraggiunti centinaia di vicini e militanti per impedire l’accesso alla proprietà privata. Ci sono stati degli scontri che hanno servito da pretesto all’arresto di tre militanti, tra cui Dmitri Drofichev che, dal canto suo, ha avuto 15 giorni di reclusione. Sono accusati di aver minacciato dei rappresentanti dell’ordine pubblico. I cittadini, da parte loro, denunciano la violenza delle forze dell’ordine, che hanno usato a proprio piacimento gas lacrimogeni e manganelli per disperdere la folla.
Visto che le sentenze non sono state rese pubbliche e che gli imputati sono completamente isolati, è difficile far luce su questa storia. Circolano voci secondo cui le autorità starebbero cercando di avviare un processo penale per ottenere pene di reclusione più lunghe. La famiglia di Dmitri Drofichev è nel panico. Gli avvocati, per oscure ragioni, rinunciano l’uno dopo l’altro ad occuparsi del caso. La popolazione locale si è intanto barricata su queste terre.
Tre associazioni ecologiste regionali hanno inviato una lettera aperta alle autorità federali e regionali, nonché all’ONU e al Comitato Olimpico, chiedendo la fine della repressione verso i cittadini di Imeretinski. Nel loro messaggio, i militanti ecologisti denunciano una pena infondata: “I cittadini non hanno minacciato i rappresentanti delle autorità, hanno esercitato il proprio diritto alla disobbedienza civile contro atti volti a sfrattarli. Questa azione, giusta e fondata, non deve essere motivo di repressione in quanto è stata provocata dalle false promesse fatte nel 2007 dal Governatore della regione e dall’ex sindaco di Soci secondo cui non esisterebbero sfratti coatti”.
E il comunicato si conclude con queste parole: “Prima la gente, poi le Olimpiadi, non il contrario!”.
Carine Clément